mercoledì 20 gennaio 2010

FEDERICA SPAGNOLI per FASHION IN TOWN 2009

Per la città di Perugia Spagnoli è sinonimo di tradizione. E Federica Spagnoli Coen, nipote di Luisa Spagnoli che, con Buitoni, diede inizio alla Perugina negli anni ’60, è la responsabile del punto scuola che dal 1998 fa parte del circuito “Peccati di Gola”.
Un connubio che da solo basterebbe a raccontare la continuità dei sapori del capoluogo umbro. Ma la signora, che ha il suo quartier generale a San Vetturino, ridona vita ogni giorno agli insegnamenti del passato. Tanto che difficile è rinunciare ad una chiacchiera, seduti alla sua tavola.

Federica, che cos’è per lei la tradizione?

“Significa trasmettere ai nostri figli abitudini e usanze che noi abbiamo ricevuto dai nonni e dai genitori. E questo nel nostro territorio vale più che altrove. Il perugino è infatti notoriamente chiuso, diffidente, sia nell’accettare le persone che le novità. ‘Chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quel che lascia ma non sa quel che trova’, è questo il detto che gli si addice. E spesso non a torto”.

Come mai, tra le strada tracciate, lei ha scelto proprio la cucina?

“La cucina, nella mia vita, è venuta da sé. Vittoria, la mia nonna paterna, una degna nuora della nonna Luisa, aveva colto nel segno i nostri aspetti genetici. A sei-sette anni ho già delle foto in cui lei mi insegnava a fare il pane. Per questo per noi sedersi a tavola è sempre stato un momento di grande convivialità. E quando ti siedi ad attenderti ci deve essere qualcosa di genuino”
Una filosofia di vita.
“Non solo, una tradizione di grande palato, che ho fatto mia con l’osservazione. Pensi che se a mio nonno davano uno cioccolatino senza incarto, lui mangiandolo riconosceva la marca. Non a caso, oggi, mia cugina si diletta a fare cioccolatini. Insieme al mangiare, poi, va il contesto: quando si riceve qualcuno ci sono delle regole. Di fronte agli amici o alla famiglia bisogna trasmettere amore, farla sentire a proprio agio a casa tua”.

Dove le radici umbre si intrecciano con gli usi della sua famiglia?


“Nei cibi della tradizione. A Pasqua si mangia la torta di formaggio e la ciaramicola e a Natale cappelletti e galantina. Pensi che ogni anno, un paio di settimane prima della Natività, ci riuniamo un giorno con mia sorella che abita a Roma per fare i cappelletti. Quando invece è il compleanno di papà, il pasticcio di maccheroni è d’obbligo. Perché anche se non è una ricetta umbra , esaudisce i suoi desideri nel giorno a lui dedicato: è un ricordo di famiglia e ci fa tornare a casa. Lo stesso quando salgo da mio fratello a Milano, e gli porto le salsicce di qui. Sono sapori che danno sicurezza”.

E ai suoi allievi, come insegna a conservare la tradizione?

“Noi facciamo lezioni a tema, ci aggiorniamo, insegniamo tipi di cucina diversi per essere al passo con i tempi. Importante però è che ci ricordiamo da dove veniamo. Il sushi può essere un intermezzo, e conoscere serve a scegliere. Perché la tradizione, in fondo, si mantiene facendo sedere a tavola gli amici, con la più complicata cucina francese o con pane e salame. E in questo i perugini, che aprono la porta di casa solo quando sanno di avere accanto persone autentiche, sono dei maestri”.

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